Mi viene in mente, l’impegno di san Francesco a seguito di quell’invito ricevuto dal crocifisso di San Damiano: “vai e ripara la mia chiesa”. E così Francesco, ha intrapreso l’opera di ristrutturazione dell’edificio che effettivamente aveva un bisogno urgente di sistemazione. Da qui inizia il percorso di comprensione del santo di Assisi, che l’intervento non si poteva riassumere a quattro muri, ma si doveva ristrutturare la Chiesa fatta di pietre vive.
Così anche noi qui a Namahaca, in un ambiente ben diverso dall’amena Assisi, abbiamo capito che c’era bisogno di riparare la nostra chiesa, lo abbiamo fatto coscienti del percorso intrapreso da San Francesco, che delle belle mura non hanno valore da sole, chi da significato all’edificio sacro sono i credenti che in esso si riuniscono per lodare e pregare il Signore.
Dopo alcuni anni di impegno nella pastorale e nella promozione sociale, ci siamo resi conto che era arrivato il tempo di mettere mano anche alle mura di mattoni e cemento.
La chiesa parrocchiale di Namahaca è praticamente l’unico edificio sacro in muratura di tutta la parrocchia (grande circa 2/3 della provincia di Verona), costruito nei primi anni ’50, per servire la missione, che a quel tempo comprendeva un’area quasi doppia rispetto ad adesso. Era il centro della missione, il luogo dove i catecumeni potevano imparare la catechesi, insieme alla scuola primaria, e prepararsi a ricevere i sacramenti dell’iniziazione cristiana (battesimo, cresima e eucaristia) e anche sposarsi. I registri di battesimo della parrocchia sono testimoni di migliaia di nuovi cristiani battezzati tra queste mura.
La storia ci racconta che in seguito alla proclamazione dell’indipendenza del Mozambico (1975), i beni della chiesa sono stati nazionalizzati e così anche la chiesa della missione è stata utilizzata come dormitorio e magazzino per un lungo periodo segnato anche dalla guerra civile. Così alla firma degli accordi di pace (1992) la struttura, che era già stata restituita alla comunità cristiana, versava in condizioni pessime. I comboniani, che in quel tempo erano impegnati in queste zone, hanno provveduto a ridare dignità all’edificio, con mezzi molto limitati.
Da allora non si è più fatto nessun intervento strutturale, e le molte infiltrazioni di acqua durante i periodi delle piogge, ne erano una testimonianza evidente. Fortunatamente possiamo usare il verbo al passato, perché in questa stagione delle piogge (grazie a Dio molto abbondante finora!) le macchie del soffitto non si sono inumidite e ampliate. Il tetto è stato rifatto completamente con lamiere e sono state sostituite tutte le travi che per l’età e soprattutto per l’acqua, stavano cedendo la loro funzione di sostegno. Insieme a questo sono stati collocati i canali per la raccolta dell’acqua piovana e, approfittando delle impalcature montante, si è provveduto alla pittura delle pareti esterne.
I lavori stanno terminando in questa seconda metà di gennaio e quando i cristiani arrivano a Namahaca, sono contenti e restano sorpresi vedendo la loro chiesa ristrutturata, segno della presenza della fede cristiana in quest’area del nord del Mozambico dove la maggioranza segue la religione tradizionale o mussulmana.
Vogliamo dire il nostro grazie al Signore per tutte le persone che hanno contribuito a quest’opera, perché possa essere un segno tangibile della fede di questo popolo, una fede ancora giovane che ha bisogno della condivisione e del contributo della chiesa di Verona. Chiediamo che, per l’intercessione di San Francesco, il popolo mozambicano possa avere pace e prosperità.
Concludiamo con un appello: i lavori più urgenti sono stati fatti ma rimane da completare tutto l’interno, i serramenti e le finalizzazioni che renderebbero bella e funzionale la nostra chiesa. Affidiamo tutto questo a voi e alle mani amorevoli del Signore per intercessione di San Francesco e della Santa Famiglia.
Seja louvada a Sagrada Familia!
Don Alessio